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L’app economy rallenta: spesa consumatori -2%

Nel 2022 rallenta per la prima volta l’economia globale delle app. Durante l’anno passato la spesa dei consumatori per le applicazioni è scesa a 167 miliardi di dollari, registrando una flessione del 2%, mentre nel 2021 la crescita era stata del 19%. Secondo il report State of Mobile 2023, il rapporto annuale pubblicato da data.ai., allo stesso tempo i download sono aumentati dell’11% su base annua (non però nell’ultimo trimestre dell’anno), trainati in particolare dai mercati emergenti.
“Per la prima volta, i fattori macroeconomici stanno frenando la crescita della spesa mobile”, osserva Theodore Krantz, ceo di data.ai. Inoltre, nel 2022 è scesa anche la spesa per i giochi: -5% (110 miliardi di dollari), mentre la spesa per app non di gioco è aumentata del 6% (58 miliardi), guidata da abbonamenti in streaming, app di appuntamenti e app video di breve durata

Instagram supera TikTok

Secondo un’altra analisi di Sensor Tower, Instagram supera TikTok balzando al primo posto delle app più scaricate. Le altre app di Meta hanno tutte un posto nella top 10 delle più scaricate: Facebook è al terzo, WhatsApp al quinto, Messenger all’ottavo e WhatsApp Business al nono posto. CapCut di ByteDance, un’estensione di TikTok, è in quarta posizione, mentre al sesto posto si piazza Snapchat, al settimo Telegram, e Spotify è decima. Twitter, che da ottobre scorso è di proprietà di Elon Musk è tredicesima, e Netflix quindicesima, riporta Ansa.

L’ascesa dello streaming e della condivisione

Secondo il report State of Mobile 2023 lo spostamento dell’attenzione dei consumatori dai media tradizionali agli smartphone solleva la domanda: quali app sono responsabili? Nel 2022, solo tre categorie di app sulle 20 monitorate hanno catturato il 50% di tutto il tempo trascorso su dispositivi mobili, e comprendevano tutte video e social. Le categorie erano social media/comunicazione (19,5%), intrattenimento/brevi video (17%) e intrattenimento/condivisione video (12,7%). All’interno di questi tre segmenti, le app leader di mercato sono rispettivamente WeChat, TikTok e YouTube.

Una rivoluzione dell’intrattenimento

I video per dispositivi mobili in formato breve si stanno diffondendo in tutto il mondo e stanno cambiando per sempre il panorama culturale. I numeri parlano di una rivoluzione dell’intrattenimento.
TikTok ora è una delle uniche due app non di gioco a superare i 6 miliardi di dollari di spesa dei consumatori, e ha generato più di 3,5 miliardi di download, il doppio di YouTube.
Nel suo successo, TikTok rappresenta un’altra tendenza nello spazio delle app: l’ascesa del super editore. La portata e le dimensioni dell’economia delle app hanno consentito a numerosi studi specializzati di prosperare. Nel 2022, 1419 app e giochi hanno generato oltre 10 milioni di dollari, 224 hanno superato 100 milioni di dollari e 10 hanno incassato 1 miliardo di dollari.

Quali sono le lauree più efficaci per trovare lavoro?

Secondo i risultati del report annuale dell’OCSE, Education at a Glance 2022, in Italia il tasso di occupazione dei laureati è decisamente superiore a quello dei non laureati. Se infatti si guarda ai laureati tra i 20 e i 64 anni il tasso di occupazione è pari al 79,2%, mentre considerando le persone con il solo diploma di scuola superiore la percentuale si abbassa al 65,2%.
Ma quanto può fare la differenza una laurea sul mercato del lavoro?

Un requisito fondamentale per le ricerche di personale

“La laurea figura come requisito fondamentale in un numero sempre più alto di ricerche di personale – spiega Carola Adami, fondatrice di Adami & Associati, società specializzata nella selezione di personale qualificato e nello sviluppo di carriera -. Ma va sottolineato anche che nel nostro paese il numero di laureati resta ancora relativamente basso, con poco più del 20% della popolazione in possesso di un titolo di questo tipo, contro alla media UE del 32% circa”.
Di certo ‘non passare’ per l’università non significa restare esclusi dal mercato del lavoro. Come sottolinea Adami, “ci sono settori in cui il fabbisogno di diplomati resta altissimo: penso ai trasporti e alla logistica, al settore agro-alimentare, alle costruzioni, o al settore amministrativo”.

Quali sono le lauree maggiormente “spendibili”?

Non va peraltro dimenticato che non tutti i percorsi di laurea presentano la stessa ‘spendibilità’ del titolo sul mondo del lavoro. Guardando ai dati OCSE si scopre, ad esempio, che la laurea che permette di trovare più facilmente il lavoro in Italia resta quella in Medicina, con un tasso di occupazione dell’89%, pari peraltro a quello delle lauree in Professioni sanitarie e in Servizi Sociali.
All’88% è invece il tasso di occupazione di chi possiede una laurea in Ingegneria oppure in Informatica, e si attesta all’85% quello di chi può vantare una laurea in Economia. Risulta invece più difficile trovare lavoro con una laurea in facoltà Umanistiche o Arte. In questo caso il tasso di occupazione è del 76%, ma comunque superiore a quello di chi possiede il solo diploma.

Anche lo stipendio dei laureati è maggiore

Anche lo stipendio dei laureati si presenta maggiore, tanto che guardando all’arco dell’intera vita lavorativa il guadagno di chi possiede una laurea è mediamente doppio rispetto a quello di chi non vanta un titolo di istruzione secondaria superiore. Questo, considerando che in Italia a un anno dal conseguimento della laurea si percepisce uno stipendio medio di 1.340 euro. Media che sale a 1.407 nel caso delle lauree di secondo livello.

Salute e benessere sono le principali fonti di felicità

Secondo l’ultima edizione del Global Happiness di Ipsos il 67% dei cittadini a livello mondiale dichiara di essere felice, in aumento sia rispetto a metà 2020 sia rispetto a metà 2019, ma comunque in percentuale più bassa rispetto a 10 anni fa. Tra le principali fonti di felicità, quelle relative alla sfera personale e relazionale, come salute fisica e mentale, relazioni e famiglia, e il purpose. Tra i 30 Paesi esaminati la felicità è maggiormente diffusa nei Paesi Bassi e in Australia, con percentuali rispettivamente dell’86% e dell’85%, seguiti da Cina e Gran Bretagna (83%), India (82%), Francia e Arabia Saudita (81%), e Canada (80%). La felicità è meno diffusa in Turchia (42%) e Argentina (48%), mentre l’Italia si posiziona circa a metà della classifica (66%).

Pre e post Covid-19, com’è cambiata la felicità?

Se la quota di chi si dichiara felice è aumentata di 4 punti percentuali rispetto a luglio-agosto 2020 e di 3 rispetto a maggio-giugno 2019, continua a rimanere una percentuale più bassa rispetto a quella registrata a novembre-dicembre 2011 e ad aprile-maggio 2013 (77%). 
Rispetto a 10 anni prima, è in calo nella maggior parte dei Paesi esaminati, in particolare in Turchia (-47), e nonostante un notevole aumento negli ultimi due anni, in Argentina (-20).  In Italia, il livello di felicità è aumentato di 4 punti rispetto ad agosto 2020 e di 9 rispetto a giugno 2019, ma è in calo di 7 punti rispetto al livello massimo rilevato a dicembre 2011 (73%).

Le principali fonti di felicità nel mondo

A livello internazionale, le prime 5 fonti di felicità citate sono salute fisica e benessere (54%), salute mentale e benessere (53%), relazione con il partner/coniuge (49%), sentire che la propria vita abbia senso e significato (49%), figli (48%), condizioni di vita (47%), sicurezza e protezione personale (46%), sentire di avere controllo della propria vita (44%), stare nella natura (43%), avere un lavoro/impiego importante e avere più soldi (42%). In Italia le principali fonti di felicità risiedono in salute fisica/mentale e benessere, relazione con il partner/coniuge, lavoro/impiego importante, e a pari merito, figli, condizioni di vita e stare nella natura. Le meno importanti, situazione finanziaria personale, avere più soldi, beni materiali posseduti, essere riconosciuta come una persona di successo e il tempo speso sui social media.  

Felicità e fiducia dei consumatori

Il sondaggio Ipsos ha poi riscontrato una forte relazione tra il livello di felicità dichiarato e la fiducia dei consumatori. Infatti, è presente un’elevata correlazione tra la percentuale di intervistati che si dichiara molto o piuttosto felice e l’Ipsos Consumer Confidence Index, che indica un coefficiente pari a 0,73. L’indice di fiducia dei consumatori riflette infatti il sentiment dei consumatori in merito alla propria situazione finanziaria e il comfort di acquisto, economia, posti di lavoro e investimenti.

Il pericolo hacker corre sul filo delle tasse

Già pagare le tasse non è certo un bel momento per i cittadini. Figuriamoci poi se questa pratica, giusta e corretta per carità, viene addirittura associata al pericolo di farsi rubare diversi dati sensibili. Eppure è proprio così. Essere un contribuente onesto può mettere a repentaglio la propria sicurezza informatica.

Il pagamento delle imposte “controllato” dai truffatori

Gli hacker e i truffatori online, rivela un recente report condotto da Kaspersky Lab, hanno imparato a sfruttare il momento del pagamento delle tasse per mettere le mani su  quantità gigantesche di informazioni personali degli utenti. Il report ha monitorato i casi di diversi paesi nel mondo, tra cui l’Italia. I numeri parlano chiaro: ad esempio, ad aprile del 2016 in Canada, Stati Uniti e Regno Unito sono stati rilevati notevoli picchi di phishing online che avevano come tema le imposte.

Dati personali e bancari a rischio hackeraggio

L’analisi, ripresa dall’Ansa, rivela che tra le informazioni raccolte dai truffatori ci sono i dettagli delle carte bancarie, previdenza sociale, patente, l’indirizzo, il numero di telefono. Inoltre, secondo la ricerca, nel 2017 sono stati rilevati un numero crescente di attacchi che utilizzavano siti online di autorità fiscali falsi ma ‘vestiti’ in modo da sembrare autentici.

In Italia il caso è stato il falso sito del ministero della Difesa 

In Italia i casi di “furto” informatico non sono stati rari. Per il nostro paese il rapporto Kaspersky cita l’esempio eclatante di alcuni utenti truffati da un falso sito del ministero della Difesa. Gli ignari utenti inserivano i propri dati in assoluta tranquillità, convinti di essere nel “posto” giusto. Dopo l’accesso, avvenuto in assoluta buona fede – chi mai metterebbe in dubbio il ministero della Difesa? – gli hacker riuscivano a bloccare il computer con un virus. A questo punto, al povero malcapitato arrivava il messaggio di richiesta di riscatto da parte dei cybercriminali.

I consigli per gli utenti al fine di tutelarsi

“Non tutti i contribuenti possono riconoscere una truffa quando e persino gli utenti più esperti possono essere ingannati dalla promessa di un rimborso fiscale”, spiega Nadezhda Demidova, Lead Web Content Analyst di Kaspersky Lab. Che fornisce anche alcuni preziosi consigli utili per non cadere nelle truffe. Le indicazioni principali, che poi sono sempre le stesse, sono quelle di memorizzare online l’indirizzo ufficiale del servizio fiscale del proprio paese ma anche di controllare l’indirizzo web da cui si riceve la richiesta di inserire le proprie credenziali.

Tariffe Mobile: i device o servizi inclusi incidono per il 48%

Quanto conviene nei fatti una tariffa mobile che comprende anche l’eventuale servizio o device già compreso nel prezzo? Difficile fare un calcolo preciso, da soli. Per rispondere a questa domanda, SosTariffe.it ha analizzato le offerte mobile che includono un servizio (streaming TV o musica) o device (mobile, WiFi o altro) gratuito. I risultati? Si scopre che le tariffe mobile con un servizio o dispositivo incluso hanno un costo medio annuo di circa 478 euro e questo beneficio aggiuntivo ha un valore di mercato medio di 232 euro, che rappresenta il 48% di quanto speso annualmente per sottoscrivere l’offerta. L’analisi di SosTariffe.it ha stimato il prezzo di tutte le offerte per la telefonia mobile attivabili, a gennaio 2018, con un bene o servizio incluso nel piano e il loro relativo valore di mercato, in modo da stimare la convenienza effettiva di queste promozioni.

Conti alla mano

L’analisi evidenzia che per attivare una tariffa mobile con un servizio o device incluso, si spendono circa 478 euro l’anno. Secondo i calcoli di SosTariffe.it, i benefici – servizi o device inclusi con le tariffe mobile – hanno un valore di mercato pari a circa 232 euro. Questo significa che, attivando queste offerte, si ottiene un servizio o un device del valore pari al 48% di quanto si sta spendendo.

Tutti i servizi o device inclusi nelle tariffe mobile

SosTariffe.it ha suddiviso la studio individuando, per ogni categoria di dispositivo o servizio incluso nelle tariffe, gli stessi parametri calcolati per l’analisi generica dell’osservatorio.

Secondo questi calcoli, i device per i quali si spende di più sono quelli video (GoPro, videocamere o supporti video). Per questa categoria il costo annuo medio dell’offerta corrispondente è di circa 647 euro. Il valore medio di mercato del benefit acquisito è di 366 euro, pari a quasi il 57% della spesa sostenuta.

Anche per le console giochi e gli smartwatch si spendono annualmente oltre 600 euro: rispettivamente 645 euro per avere un device del valore di 305 euro (47%) e 660 euro per ottenere un orologio intelligente dal valore di 332 euro (50,4%).

I costi dello streaming

I servizi di streaming TV o musica, come Netflix o Tidal, incidono per circa la metà sul costo annuo delle tariffe mobile. Hanno un valore medio di 54 euro e si ottengono gratuitamente con offerte mobile che costano in media 101 euro l’anno. Questo significa che si ottiene un servizio che vale quasi il 54% di quanto pagato.

I dispositivi utilizzabili per lo sport (del valore medio di circa 300 euro) sono inclusi in tariffe che hanno un costo annuo medio di 572 euro, mentre il mobile WiFi e altri apparecchi per smart home si ottengono con offerte che implicano un costo annuo rispettivamente di 175 euro e 545 euro. Considerando che un mobile WiFi costa in media circa 70 euro e i dispositivi domestici (termostati o telecamere per la video sorveglianza) circa 198 euro, è come se si recuperasse il 39,7% e il 36,2% del valore speso.