Mese: Dicembre 2022

I lombardi non rinunciano alle vacanze: aumentano i prestiti per viaggiare

Dopo lunghi mesi di blocco dovuti alla pandemia, dal 2021 è tornato possibile viaggiare. E i lombardi hanno subito colto la palla al balzo, dimostrando di aver voglia di effettuare le agognate vacanze. Anche a costi di fare un prestito ad hoc. E’ quanto rileva Facile.it che, prendendo in considerazione un campione di oltre 17.000 casi, nel periodo settembre – novembre 2022, ha evidenziato che le richieste di prestiti personali compilate online per viaggi e vacanze sono aumentate del 48% rispetto allo stesso periodo di tempo del 2021. Non solo: dai dati esaminati si scopre che scende ulteriormente l’età dei richiedenti, che è passata dai 35 anni del 2021 ai 33 anni del 2022. Ma quanti soldi hanno chiesto i lombardi? Anche l’importo medio complessivo è cresciuto nell’ultimo anno: la cifra richiesta alle finanziarie per i prestiti personali è passata dai 10.839 euro del periodo settembre – novembre 2021 agli 11.429 euro degli stessi mesi del 2022 (+5,4%).

Aumenta il “peso” dei viaggi e delle vacanze sui finanziamenti richiesti

In virtù dell’incremento delle richieste per viaggi e vacanze, il loro peso relativo rispetto al totale di quelle presentate in Lombardia passa dall’1,1% all’1,3%, (+ 22,7%). Ma non è la sola voce che ha visto un incremento così significativo. In merito alle finalità che, dalla fine del 2021 alla fine del 2022, hanno accresciuto maggiormente il loro peso sul totale richieste presentate in Lombardia, al primo posto si collocano i prestiti per Formazione ed Università (+39,9%) seguiti da quelli per finanziare il consolidamento dei debiti (28,2%), poi appunto l’acquisto di viaggi e vacanze (+22,7%) e quello di PC e strumenti elettronici (+16,6%).

Per che cosa chiedono i prestiti i lombardi

Anche se quelli sopra indicati sono i finanziamenti che hanno registrato la maggiore crescita in percentuale sull’anno precedente, è interessante scoprire quali sono le principali finalità per le quali si chiede un prestito personale in Lombardia. Secondo l’analisi di Facile.it al primo posto resiste saldamente l’ottenimento di liquidità (che rappresenta il 32,4% del totale richieste), seguita dall’acquisto di auto usate (17,1% del totale, ma in calo del 10,3% rispetto ad un anno fa nel suo peso sul totale richieste) ed il consolidamento debiti (14,7%; +28,2% se confrontata con il valore 2021). Presentano invece percentuali negative le altre voci appena fuori dal podio, che appaiono in negativo rispetto l’anno precedente. Queste sono la ristrutturazione immobili (10,09%; -21,1%), l’acquisto di arredi (6,5%; -12,3%) e le spese mediche (4,4%; -2,7%).

Pmi: perchè il welfare aumenta produttività e fatturato?

Il rapporto Welfare Index Pmi, promosso da Generali Italia in collaborazione con Cerved, analizza la correlazione degli indici di welfare con i bilanci di circa 2.600 imprese dal 2019 al 2021, valutando il contributo del welfare aziendale alla resilienza del sistema produttivo. Oggi il welfare aziendale ha raggiunto un alto livello di maturità e continua a crescere la consapevolezza del ruolo sociale nelle Pmi. Oltre il 68% delle Pmi italiane ha superato il livello base di welfare aziendale, e raddoppia il numero di quelle con livello molto alto/alto, passando dal 10,3% del 2016 al 24,7% del 2022.
Ma il welfare aziendale non è più solo appannaggio delle grandi imprese.

Raddoppiano le microimprese con elevato livello di welfare 

Se la quota con livello elevato di welfare è del 70,7% tra le Pmi con oltre 250 addetti, e del 66,8% in quelle tra 101-250 addetti, raddoppiano le microimprese con un livello elevato di welfare: dal 7,7% nel 2017 al 15,1% nel 2022. Di fatto, le imprese con un welfare più evoluto ottengono performance di produttività superiori alla media, crescendo più velocemente nei risultati economici e nell’occupazione. Ad esempio, nel 2021 l’utile sul fatturato delle aziende con livello di welfare molto alto è doppio rispetto a quello delle aziende a livello base (6,7% vs 3,7%), e altrettanto grande è il divario nel Mol (Margine Operativo Lordo) pro-capite, che misura la produttività per singolo addetto.

Più resilienza alla crisi

Tra le imprese con livello molto alto di welfare aziendale l’indice di produttività Mol/fatturato è passato dal 9,4% nel 2019 all’11% nel 2021. Tra quelle con un livello base l’incremento è stato dello 0,2%. Anche gli indici di redditività seguono la stessa dinamica. La correlazione tra livelli di welfare aziendale e risultati economici mostra che le Pmi con un welfare più evoluto hanno tenuto meglio durante la pandemia e dimostrato maggiore slancio nella ripresa. Tra le imprese appartenenti ai settori più colpiti dalla crisi, dal 2019 al 2021 il Mol è cresciuto del 50,5% tra le Pmi con livello elevato di welfare, mentre è diminuito del 15% tra quelle con livello base.
Allo stesso modo, l’indice di redditività (utile/fatturato) è cresciuto del 2% tra le prime e dello 0,4% tra le seconde.

Dieci aree di misurazione

Lo stato del welfare nelle Pmi misura dieci aree: Previdenza e protezione, Salute e assistenza, Conciliazione vita-lavoro, Sostegno economico ai lavoratori, Sviluppo del capitale umano, Sostegno per educazione e cultura, Diritti, diversità, inclusione, Condizioni lavorative e sicurezza, Responsabilità sociale verso consumatori e fornitori, Welfare di comunità.  Di queste, le imprese sono più impegnate in Sicurezza e condizioni lavorative (74% delle Pmi con livello alto/molto alto), Welfare di comunità (66,5%), Diritti, diversità e inclusione (47,8%) e Formazione e sviluppo del capitale umano (40,6%). 
Gli ambiti di impatto sociale più importanti sono: promozione del lavoro e mobilità sociale, possibilità offerta ai giovani di raggiungere un’occupazione stabile, e sostegno a diritti e pari opportunità per le donne lavoratrici.

Quali sono le lauree più efficaci per trovare lavoro?

Secondo i risultati del report annuale dell’OCSE, Education at a Glance 2022, in Italia il tasso di occupazione dei laureati è decisamente superiore a quello dei non laureati. Se infatti si guarda ai laureati tra i 20 e i 64 anni il tasso di occupazione è pari al 79,2%, mentre considerando le persone con il solo diploma di scuola superiore la percentuale si abbassa al 65,2%.
Ma quanto può fare la differenza una laurea sul mercato del lavoro?

Un requisito fondamentale per le ricerche di personale

“La laurea figura come requisito fondamentale in un numero sempre più alto di ricerche di personale – spiega Carola Adami, fondatrice di Adami & Associati, società specializzata nella selezione di personale qualificato e nello sviluppo di carriera -. Ma va sottolineato anche che nel nostro paese il numero di laureati resta ancora relativamente basso, con poco più del 20% della popolazione in possesso di un titolo di questo tipo, contro alla media UE del 32% circa”.
Di certo ‘non passare’ per l’università non significa restare esclusi dal mercato del lavoro. Come sottolinea Adami, “ci sono settori in cui il fabbisogno di diplomati resta altissimo: penso ai trasporti e alla logistica, al settore agro-alimentare, alle costruzioni, o al settore amministrativo”.

Quali sono le lauree maggiormente “spendibili”?

Non va peraltro dimenticato che non tutti i percorsi di laurea presentano la stessa ‘spendibilità’ del titolo sul mondo del lavoro. Guardando ai dati OCSE si scopre, ad esempio, che la laurea che permette di trovare più facilmente il lavoro in Italia resta quella in Medicina, con un tasso di occupazione dell’89%, pari peraltro a quello delle lauree in Professioni sanitarie e in Servizi Sociali.
All’88% è invece il tasso di occupazione di chi possiede una laurea in Ingegneria oppure in Informatica, e si attesta all’85% quello di chi può vantare una laurea in Economia. Risulta invece più difficile trovare lavoro con una laurea in facoltà Umanistiche o Arte. In questo caso il tasso di occupazione è del 76%, ma comunque superiore a quello di chi possiede il solo diploma.

Anche lo stipendio dei laureati è maggiore

Anche lo stipendio dei laureati si presenta maggiore, tanto che guardando all’arco dell’intera vita lavorativa il guadagno di chi possiede una laurea è mediamente doppio rispetto a quello di chi non vanta un titolo di istruzione secondaria superiore. Questo, considerando che in Italia a un anno dal conseguimento della laurea si percepisce uno stipendio medio di 1.340 euro. Media che sale a 1.407 nel caso delle lauree di secondo livello.