Parole e generazioni: ogni età ha il suo linguaggio

La Generazione Z, composta dalla fascia di popolazione più giovane, rischia di essere “bocciata” in italiano. O meglio, il grande accusato è lo slang parlato dai ragazzi di oggi, che evidentemente non piace agli italiani un po’ più grandi. Secondo un’indagine condotta da Preply, il 57% dei cittadini non è affatto favorevole alle parole più comuni utilizzate nello slang giovanile. 

“Bro” è il termine gergale che piace meno ai più grandi

In cima alla lista delle parole che vengono abbreviate, acronimi, idiomatismi, anglicismi e altro ancora, che possono rendere una conversazione sostanzialmente incomprensibile per molti, c’è la parola “Bro”, abbreviazione dell’inglese “brother” utilizzata come appellativo tra coetanei. Seguono l’inossidabile “Scialla” e “boomer”, epiteto utilizzato per sottolineare la “lentezza” con cui le persone di età compresa tra i 60 e i 70 anni percepiscono le trasformazioni tecnologiche. L’indagine, condotta su circa 1.600 madrelingua italiani, ha rivelato che le espressioni più difficili da comprendere includono “Che sbatti”, quando non si ha voglia di fare nulla, “Gls”, abbreviazione per “già lo sai”, e il sempre popolare “amò”, abbreviazione affettuosa di “amore”. 

L’89% degli italiani utilizza qualche parola ‘giovane

D’altra parte, l’89% degli italiani ammette di utilizzare qualche termine dello slang, mentre quasi 1 su 5 lo utilizza abitualmente nella maggior parte delle conversazioni. Tra le frasi gergali più conosciute, “postare”, “un botto” e “spoilerare” si aggiudicano il podio insieme a “mai ‘na gioia”, “inciucio” e “bella”, che ormai sostituisce il saluto amichevole. Solo per gli intenditori o gli abituali utilizzatori dello slang, invece, sono familiari termini come “abbuco”, “bibbi”, “bae” e “simp”.

Lo slang? Si impara sul web e sui social

Ma dove viene imparato lo slang? Il 59% lo assorbe da Internet o dai social media, il 43% dagli amici e il 18% dalla famiglia. Sebbene il 13% degli italiani ritenga appropriato utilizzare lo slang anche in contesti professionali, solo il 4% avrebbe il coraggio di farlo di fronte al proprio capo.
In sintesi, l’indagine Preply sottolinea come la Generazione Z sia soggetta a critiche per l’uso dello slang, con parole abbreviate e acronimi che possono risultare incomprensibili per molti. Tuttavia, la ricerca evidenzia anche un ampio utilizzo di termini gergali da parte degli italiani, anche se in misura inferiore, e sottolinea l’importanza di contestualizzare l’uso dello slang, evitandolo in ambito professionale e adattandolo alle situazioni appropriate.