Mese: Marzo 2024

Mercato pubblicitario Out of Home: raggiunge 696 milioni nel 2023

Il digitale si sta facendo sempre più strada portando innovazione e guidando anche la crescita del mercato pubblicitario l’Out of Home (OOH). Secondo i dati dell’Osservatorio Internet Media della School of Management del Politecnico di Milano il mercato Out of Home tocca quota 696 milioni di euro (+13%), aumentando la sua importanza all’interno del Media Mix pubblicitario italiano. Raggiunge infatti il 7% della raccolta complessiva (+1% vs 2022).

In questo panorama è sempre più rilevante il ruolo del Digital Out Of Home (DOOH), che con 201 milioni di euro (+21%) pesa circa un terzo sulla raccolta totale del mezzo.
“Il trend positivo di questa componente sarà ancora più evidente nel 2024: il DOOH sarà infatti responsabile del 64% della crescita di questo Media prevista – dichiara Denise Ronconi, Direttrice dell’Osservatorio – e raggiungerà 242 milioni di euro (+21%), con un peso del 32% sulla raccolta complessiva”. 

Nuove opportunità grazie al Programmatic DOOH

Lo sviluppo della componente digital e i crescenti investimenti per la diffusione di impianti digitali portano nuove opportunità per il mercato Out of Home, che ora può sfruttare modalità di compravendita simili al Programmatic advertising disponibile per gli spazi pubblicitari online.

In particolare, il Programmatic Digital Out of Home (pDOOH) fa riferimento all’automazione del processo di acquisto, vendita e distribuzione dell’inventory degli schermi digitali, offrendo agli advertiser funzionalità di targeting avanzate per raggiungere gli utenti anche fuori casa.
In Italia il mercato del Programmatic DOOH è ancora piuttosto contenuto anche se registra tassi di crescita rilevanti: nel 2023 vale circa 10 milioni (+61%) e pesa il 5% della raccolta Digital Out of Home.

Le tecnologie di rilevazione dei dati

Il mercato a oggi è caratterizzato da una molteplicità di tecnologie e modalità di rilevazione di dati utili per la pianificazione e la misurazione delle campagne Out of Home.
In particolare le tecnologie di rilevazione si possono ascrivere a due categorie principali, le classi di dati provenienti da monitoraggio diretto da parte del Media Owner (sensori Wi-fi, beacon bluetooth, cam) e quelle derivanti da player terzi di diversi settori (GPS/SDK app, Telco/SIM).

Questi sistemi permettono di raccogliere dati e informazioni con i quali implementare metriche differenti (tra le quali viewers, tempo di permanenza, tempo di attenzione, frequenza di ritorno) volte a supportare una pianificazione efficace della campagna.

Rimangono alcune aree da migliorare

Se questi approcci abilitano l’effettiva possibilità di una valutazione dell’impatto atteso delle campagne, agli occhi degli advertiser rimangono alcune aree rilevanti di miglioramento.
Tra queste emergono soprattutto l’eterogeneità dell’offerta da parte delle concessionarie Out of Home, la frammentazione del mercato e la mancanza di uniformità delle metriche proposte, per cui una stessa metrica può essere basata su calcoli e dati diversi a seconda del Media Owner di riferimento.

Questo ha come conseguenza un sistema di misurazione che rende ancora ardua la valutazione di campagne complesse, soprattutto nel caso di stima dell’impatto di iniziative cross-media che vedono integrata all’OOH anche l’attivazione di altri mezzi (Tv, mobile, ecc.).

Sanità tech: un progetto EU a guida italiana per creare strumenti di valutazione

La sanità europea del futuro sarà tech. Dalle app alle visite da remoto fino all’Intelligenza artificiale a scopo diagnostico, e più in generale, a supporto dei clinici nello scegliere le cure migliori per ogni paziente, la tecnologia è al servizio della sanità. E gli scienziati europei, sotto la guida di esperti dell’Università Cattolica di Roma, stanno lavorando per mettere a punto una piattaforma in grado di valutare oggettivamente efficacia e affidabilità delle tecnologie digitali in campo medico.

Si tratta del progetto di ricerca di Health Technology Assessment (HTA) applicato alle tecnologie sanitarie digitali (DHTs). Il primo quadro di valutazione della tecnologia digitale per la salute in Europa (EDiHTA) co-creato dai diversi attori coinvolti lungo la catena del valore. E finanziato con 8 milioni di euro nell’ambito del progetto Horizon.

Dalla telemedicina fino all’AI per migliorare qualità delle cure e contenere i costi

L’adozione di soluzioni di telemedicina, app per la salute e di strumenti basati sull’Intelligenza artificiale, può non solo migliorare la qualità delle cure, ma anche ridurre le disuguaglianze di accesso e contenere i costi.

Nel 2020 il COVID ha imposto un’accelerazione alla trasformazione digitale dei servizi sanitari.
In Italia, le cartelle cliniche elettroniche, i pagamenti online e le prescrizioni digitali sono state rapidamente implementate.

Il primo framework digitale di Health Technology Assessment

EDiHTA proporrà dunque il primo framework digitale di Health Technology Assessment, che sarà specificamente dedicato alle tecnologie digitali, per valutare la telemedicina, le app mediche, l’Intelligenza artificiale a diversi livelli geografici (nazionale, regionale e locale) e istituzionali, come le strutture ospedaliere. La piattaforma verrà testata negli ospedali europei.

L’obiettivo finale è quello di creare un sistema che aiuti a prendere decisioni mirate su quali tecnologie sanitarie digitali adottare. In particolare, su come integrare le tecnologie al meglio nel percorso clinico dei pazienti, e come utilizzarle in merito alle decisioni di politica sanitaria da adottare per la gestione degli ospedali.

Il consorzio di EDiHTA comprende 16 partner da 10 Paesi

Il progetto ha come centro coordinatore l’Università Cattolica e vede come Principal investigator Americo Cicchetti, attualmente Direttore generale alla Programmazione del Ministero della Salute, e come co-PI Dario Sacchini, Associato Medicina Legale all’Università Cattolica e Bioeticista.

Il consorzio di EDiHTA comprende 16 partner da 10 Paesi europei: Belgio, Danimarca, Germania, Italia, Norvegia, Olanda, Polonia, Regno Unito, Spagna, Svizzera.
Al progetto partecipano, tra gli altri, università, agenzie di HTA, ospedali, una associazione di pazienti, una ONG specializzata in HTA, l’European Patients’ Forum e l’European Health Management Association.

La sfida “zero spese”: ecco perchè è virale e perchè fa bene all’ambiente

Risparmiare, o addirittura non spendere affatto, è un obiettivo rilevante non solo quando le disponibilità economiche non ci sono… Ma è importante anche per ridurre il proprio impatto ambientale attraverso scelte di consumo oculate. Ecco la ratio che sta dietro la nuovissima tendenza battezzata #nospendchallenge.

Una sfida che si prefigge di rispondere alle crescenti crisi finanziarie di un mondo sempre più complesso. Il costo della vita, anche in contesti economicamente agiati, è diventato un problema, tanto da spingere molte persone ad adottare uno stile di vita più parsimonioso. 

Nulla che non sia essenziale

La no spend challenge, ovvero il proposito di non acquistare nulla che non sia strettamente necessario per un determinato periodo, può essere una strategia efficace. La sfida, che può durare da una settimana a un anno, non comprende ovviamente le spese obbligate come mutuo, bollette, cibo, medicinali e acquisti alimentari.

Gli esperti suggeriscono di identificare in anticipo cosa è davvero essenziale e rinunciare al resto. Ad esempio, visto che ognuno di noi ne possiede già in quantità, si potrebbe evitare di acquistare libri, vestiti, junk food, cosmetici, device elettronici, servizi streaming e altro.

Il danno ambientale dietro lo shopping compulsivo

L’aspetto ambientale degli acquisti è uno dei motivi chiave del successo della sfida, riferisce Adnkronos. La sovraproduzione, alimentata dal fast fashion e da consumi eccessivi, ha innescato un impatto ambientale ormai fuori controllo. La Generazione Z, particolarmente sensibile ai problemi ecologici, è la più attiva nel partecipare alla sfida per agire direttamente contro la crisi ambientale.

Gli effetti dello shopping online

L’aumento del ricorso allo shopping online ha generato, soprattuto per imballi e politica di resi gratuiti, un surplus in fatto di costi ambientali. L’e-commerce, anche se produce meno emissioni di gas serra rispetto agli acquisti in negozio, comporta comunque impatti significativi.

La #nospendchallenge contribuisce a spezzare il circolo vizioso dell’acquisto compulsivo, promuovendo la consapevolezza delle reali necessità e stimolando la creatività. La sfida è vista come un modo per aderire a uno stile di vita anti-consumista, contrastando il desiderio impulsivo alimentato dalla ricerca di una gratificazione istantanea.

Imparare a gestire il denaro

La sfida ha anche implicazioni positive sulla gestione del denaro, soprattutto tra i giovani. Molti ragazzi della Generazione Z tendono a comprare ancor prima di riflettere,  senza una reale consapevolezza del valore dei soldi. In conclusione, la no spend challenge dimostra che è possibile vivere con meno, migliorando non solo l’ambiente ma anche il proprio budget e, presumibilmente, la salute mentale.

La sfida non è solo un esercizio di morigeratezza, ma un passo verso uno stile di vita più consapevole e sostenibile.