Mese: Novembre 2023

Aziende italiane, investire sui talenti della GenZ… premia

Il premio Company for generation Z, istituito dalla business school Radar Academy per dare risalto alle aziende che investono sui giovani della GenZ, anche nel 2023 ha premiato a Milano le prime 41 aziende distinte per aver realizzato piani concreti di valorizzazione in 10 ambiti.

I giovani della GenZ, ovvero i nati tra il 1995 e il 2010, in Italia sono più di 8 milioni. Rappresentano la generazione digitale che non ha mai conosciuto un mondo senza Internet, smartphone, social network e nuove tecnologie.
La GenZ è la frontiera del nuovo mondo del lavoro, ed è la principale interprete del futuro. La sfida del futuro del lavoro, quindi, passa inevitabilmente dall’investimento nelle nuove generazioni.

Il riconoscimento speciale “Passaggio Generazionale 2023”

Gli ambiti di valorizzazione dei giovani considerati dal Premio sono il numero di assunzioni di giovani nati dopo il 1995, numero di stage attivati, percorsi e prospettive di carriera, welfare aziendale e benessere della persona, smartworking e lavoro ibrido, percorsi di formazione, politiche di talent retaining, progetti con scuole, università e business school, diversità e inclusione, responsabilità e sostenibilità.

È stato poi istituito anche il riconoscimento speciale ‘Passaggio Generazionale 2023’, pensato per premiare le realtà aziendali e professionali in cui si realizza un passaggio generazionale al vertice dell’organizzazione.
Nell’edizione 2023 il premio è andato all’avvocato e giuslavorista Francesco Rotondi, fondatore dello studio LabLaw, per aver lascito il timone dello studio, pur essendo in piena attività, a un giovane avvocato di 35 anni, Alessandro Paone.

Rinnovare anche a livello sociale e del sistema Paese

“Il premio Company for generation Z ha lo scopo di dare visibilità a una tematica centrale per il nostro futuro: l’investimento nelle giovani generazioni che saranno protagonista del cambiamento in atto – spiega Ernesto D’Amato, ceo di Radar Academy -. In questo passaggio il ruolo delle aziende e del mondo del lavoro sarà determinante per accogliere e far sprigionare tutto il potenziale innovativo e valoriale della Generazione Z. Un ruolo, quello delle imprese, finalizzato non solo a un rinnovamento sul piano lavorativo e organizzativo ma anche sul piano sociale e dell’intero sistema Paese”.

Da Lidl a Unicredit, Moleskine, Oracle… ecco i brand vincenti

Tra le aziende premiate, Unicredit, Coca Cola HBC, Lidl, Luisa Via Roma, Ntt Data, Lavorint, ABL Consultancy, Manpower Group, Leroy Merlin, Sidea Group, Borgo Egnazia, Danone, Primo Group, Rai Pubblicità, Netcom, Free Mind Foundry, One day, I Genous, ADHR, LHH, Laminazione Sottile, Acqua Minerale San Benedetto, Brain Computing, Moleskine, Oracle, Ferrero, Enel, AFV Beltrame Group, GMM Farma, P&G, Whirlpool, Per Formare, Formamentis, Tecno, Bosh Italia, Culligan, Zextras.

Vino, con l’inflazione cala il consumo. Però…

Il mercato del vino sta attraversando un periodo complesso, caratterizzato da sfide e cambiamenti significativi. L’inflazione e la congiuntura economica negativa hanno portato a una diminuzione dei consumi di vino in tutto il mondo, Italia compresa, e a una revisione sostanziale dei comportamenti di acquisto, con rinunce e privazioni.

A causa dell’aumento dei prezzi nel settore alimentare e delle bevande, con un incremento del 3,1% nel prezzo del vino nell’ultimo anno, i consumatori italiani hanno perso 6.700 € pro-capite dal 2021 al primo semestre del 2023. Di fronte a questa situazione, il 75% degli italiani ha adottato strategie come la riduzione degli sprechi alimentari o l’aumento degli acquisti in promozione.
Nei primi nove mesi del 2023, le vendite di vino nella GDO italiana sono diminuite di oltre il 3% in volume, mentre il canale HORECA sta rallentando la crescita a causa di flussi turistici inferiori e della ridotta frequenza degli italiani a pranzare o cenare fuori casa.

Un osservatorio per comprendere i trend, anche nel bicchiere

Per comprendere i cambiamenti nei comportamenti di acquisto e consumo di vino, l’osservatorio Wine Monitor di Nomisma ha condotto una survey sui consumatori finali in Italia. Nel periodo gennaio-settembre 2023, le vendite al dettaglio di vino hanno raggiunto i 65 miliardi di euro, in crescita a valore rispetto al 2022 a causa dell’inflazione, ma ancora in calo in volume, sebbene si intraveda un’attenuazione della diminuzione.

In GDO, le categorie IGP/DOP e i vini bianchi si comportano meglio a livello di vendite a valore, mentre nei discount i bianchi e i vini da tavola hanno prestazioni migliori. I rosati, seppur rappresentino una parte marginale delle vendite, registrano una crescita significativa. Gli spumanti sono l’unica categoria in crescita anche in volume in GDO.

Soffrono tutti i canali

Tuttavia, la congiuntura economica negativa influisce su tutti i canali di consumo. La survey di Nomisma a ottobre 2023 rivela che il 76% degli italiani ha consumato vino a casa propria o da parenti e amici nell’ultimo anno, mentre solo il 24% lo ha fatto in locali e ristoranti. Il 20% di coloro che consumavano vino a casa ha ridotto o smesso di farlo nel 2023, mentre il 21% ha ridotto i consumi fuori casa e il 4% ha smesso del tutto.

Per quanto riguarda le prospettive future, il 75% degli intervistati prevede che le abitudini di consumo di vino rimarranno stabili nei prossimi sei mesi, e solo il 5% prevede un aumento. Circa il 24% degli italiani intende iniziare o aumentare gli acquisti diretti dai produttori, mentre il 9% utilizzerà maggiormente i canali online.

Le differenze generazionali

Queste tendenze differiscono per generazione, con gli under 25 che si approcciano al vino in modo diverso rispetto alle generazioni precedenti, bevendo meno e preferendo consumare fuori casa.
Gli under 25 mostrano anche maggiore attenzione alla sostenibilità e sono interessati ai vini a minor contenuto alcolico. Emanuele Di Faustino, Responsabile Industria, Retail e Servizi di Nomisma, sottolinea come questi trend siano destinati a rafforzarsi ulteriormente.

Legge europea sulla cybersecurity: le aziende tech chiedono più flessibilità

La Commissione Europea ha pubblicato la bozza di legge sulla cybersecurity nel mese di settembre 2022, e la sua entrata in vigore è prevista per il 2024.
Ma un gruppo di aziende, tra cui Ericsson e Nokia, ha lanciato un’allerta riguardo alla proposta di legge, sostenendo che potrebbe creare ostacoli e interruzioni nelle catene di approvvigionamento.

In una lettera inviata alla Commissione Europea, il gruppo industriale Digital Europe ha affermato che l’ampio campo di applicazione della bozza di legge avrebbe un impatto su milioni di dispositivi connessi, che vanno dagli elettrodomestici ai giocattoli fino agli strumenti di cybersecurity.

Una proposta non in grado di regolamentare i diversi tipi di prodotti

Digital Europe rappresenta l’industria per la trasformazione digitale in Europa e comprende 106 aziende globali dei settori informatica, telecomunicazioni ed elettronica di consumo.
Secondo le aziende la misura legislativa impedirebbe la commercializzazione di dispositivi sicuri per i clienti europei, che si vedrebbero quindi privati di alcuni importanti prodotti di queste aziende. 

Oltre a Nokia ed Ericsson, nella lettera di Digital Europe hanno apposto la loro firma anche Siemens, Robert Bosch, Schneider Electric ed ESET.
Le aziende firmatarie sostengono da sempre la necessità di regole orizzontali sulla cybersecurity per i prodotti connessi invece di una serie di regolamentazioni settoriali diverse. Ma ritengono che la proposta attuale non sia in grado di regolamentare in maniera adeguata i diversi tipi di prodotti.

La valutazione attraverso terze parti potrebbe ostacolare le catene di approvvigionamento

Un punto critico per i produttori è la richiesta di dimostrare la conformità attraverso certificatori terzi per una categoria di prodotti ad alto rischio con funzionalità di cybersecurity, come la gestione delle password o il rilevamento delle intrusioni.

Il gruppo sostiene che questi componenti siano fondamentali per l’economia e che la valutazione attraverso terze parti possa causare ostacoli simili a quelli causati dalla pandemia di Covid-19 nelle catene di approvvigionamento europee, danneggiando la competitività.

Poter valutare la priorità nella risoluzione delle vulnerabilità

Sono state sollevate preoccupazioni anche riguardo all’obbligo di segnalare le vulnerabilità non ancora risolte. Le aziende, riferisce Adnkronos, ritengono che i produttori debbano essere autorizzati a valutare la priorità della risoluzione delle vulnerabilità rispetto alla segnalazione immediata, basandosi su ragioni legate alla cybersecurity.

Di conseguenza, le aziende hanno chiesto maggiore flessibilità, suggerendo che la legislazione permetta possibilità di autovalutazione e una significativa riduzione del numero di prodotti inclusi nella categoria. Hanno inoltre proposto di concedere almeno 48 mesi per lo sviluppo di uno standard più armonizzato.