Per 6 pubblici esercizi su 10 la ripartenza sarà nel 2023

Per il 73% degli esercenti, a causa delle lunghe limitazioni imposte per arginare la pandemia da Covid-19, e la conseguente contrazione dei consumi, il calo del volume di affari è stato verticale. Per loro il ritorno ai fatturati pre-Covid non arriverà prima del 2023. Nel 2021 gli italiani hanno speso oltre 24 miliardi di euro in meno nei servizi di ristorazione rispetto al 2019 (-27,9%). Insomma, il 2021 non è stato l’anno della ripartenza per tutti: solo per il 16% dei pubblici esercizi, per i quali i fatturati però non sono mai cresciuti più del 10%. L’ufficio studi di Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi, ha illustrato lo stato di salute del comparto nel tradizionale rapporto annuale realizzato in collaborazione con Bain&Company e Tradelab.

Cessano le attività, ma non nascono nuove imprese

“La naturale conseguenza di questa dinamica, e del relativo clima di sfiducia che si è sviluppato attorno al settore, è stata la scomparsa di 194mila posti di lavoro rispetto al periodo pre-Covid”, segnala Fipe. Insomma, le restrizioni imposte per il contenimento della pandemia stanno ancora facendo sentire i loro effetti. Per il secondo anno consecutivo si conferma poi la forte frenata della nascita di nuove imprese (‘solo’ 8.942 nel 2021), a fronte di un’impennata delle cessazioni di attività (23mila). E tra il 2020 e il 2021 le imprese che hanno chiuso i battenti sono oltre 45mila, riferisce Adnkronos.

Per l’86% delle imprese fatturato 2021 ancora sotto i livelli pre-Covid

Se per l’86% delle imprese il fatturato nel 2021 è ancora al di sotto dei livelli del 2019, dopo l’emergenza Covid l’impennata dei costi di materie prime ed energia sta paralizzando il settore.
L’87% degli imprenditori ha registrato infatti un aumento della bolletta energetica fino al 50% e del 25% per i prodotti alimentari. Rimangono tuttavia contenuti gli aumenti dei prezzi ai consumatori: a febbraio 2022 lo scontrino medio è salito solo del 3,3% rispetto a un valore generale dei prezzi aumentato del 5,7%. Il 56,3% di bar e ristoranti non prevede di rivedere a breve il rialzo dei propri listini prezzi.

L’impennata dei costi incide sulle previsioni di crescita

“La fotografia scattata attraverso il nostro rapporto – sottolinea il presidente Lino Enrico Stoppani, Presidente Fipe-Confcommercio, – si arricchisce di ulteriori elementi di stringente attualità. Il deflagrare del conflitto bellico in Ucraina sta infatti avendo e continuerà ad avere un impatto fortissimo sulle nostre attività, sia per gli effetti sulla dinamica dei prezzi delle materie prime energetiche e sull’approvvigionamento di specifiche materie prime alimentari, sia per le giuste e necessarie sanzioni elevate dalla comunità internazionale a carico della Russia”. 
L’impennata dei costi di gestione incide quindi sulle previsioni di crescita, con il 62% delle imprese che ritiene verosimile un ritorno ai livelli pre-crisi solo nel 2023. Incertezza che si acuisce a causa della minore propensione degli italiani a spendere in bar e ristoranti dovuta, secondo il 43% degli imprenditori, principalmente agli effetti del carovita.