Economia

Frodi creditizie: nel 2021 +31,1% casi, ma importo medio stabile

Nel 2021 i casi rilevati in Italia di frodi creditizie sono oltre 28.600, +31,1% rispetto al 2020. L’aumento è dovuto al continuo sviluppo degli acquisti online, che ha contribuito alla crescita dei casi perpetrati sui canali virtuali, dove le verifiche possono essere meno efficaci. Complessivamente, però, il danno stimato risulta stabile rispetto al 2020, raggiungendo 124,6 milioni di euro. Al numero maggiore di casi corrisponde infatti una diminuzione dell’importo medio frodato, pari a 4.350 euro, -23,3%. Il numero di casi rilevati si è concentrato infatti su importi inferiori a 1.500 euro (+52%), a dimostrazione di come le organizzazioni criminali ormai non disdegnino le operazioni fraudolente su beni di importo più contenuto. È quanto emerge dagli ultimi dati registrati dall’Osservatorio sulle Frodi Creditizie e i furti di identità realizzato da CRIF-MisterCredit.  

Più frodi su prestiti personali e carte di credito

Si registra, inoltre, un aumento dei casi di frode con importi compresi tra 5.000-10.000 euro (+45,7%), e quelli con valore superiore ai 10.000 euro (+13,9%). Risultano in calo solamente i casi di importo compreso tra 1.500-3.000 euro (-28,9%) e tra 3.000-5.000 euro (-10,1%). Tra le forme di credito in cui si registra il maggior numero di casi fraudolenti, i prestiti finalizzati all’acquisto di beni e servizi (auto, moto, articoli di arredamento, elettronica, elettrodomestici), che nonostante rappresentino la tipologia più colpita (34,4%), segnano una flessione del -30% circa. Al contrario, aumentano le frodi sui prestiti personali (+56,6%,  22,5%), mentre quelle sulle carte di credito crescono del + 59,7%.
Nel 2021 iniziano poi a emergere anche casi di frode sulla rateizzazione di acquisti e-commerce (le formule ‘Buy now, pay later’), anche se ricoprono una fetta residuale (0,2%).

L’identikit delle vittime

La maggioranza delle vittime è rappresentata da uomini (63,5%), e si conferma come fascia di età più colpita quella degli under 30 (+8,0%), mentre diminuiscono gli over 60 anni (-6,9%). La fascia compresa tra 41-50 anni segue i più giovani come segmento maggiormente colpito dal fenomeno (22,5%). Per quanto riguarda le regioni in cui sono state rilevate le frodi, la ripartizione dei casi mostra una maggiore incidenza in Campania (16,7%) Sicilia, Lombardia e Puglia, seguite da Lazio e Calabria.

Si conferma l’utilizzo preponderante della carta di identità contraffatta

Analizzando gli alert sui documenti identificativi emersi dalle interrogazioni fatte ai servizi prevenzione frodi gestiti da CRIF, e dai dati SCIPAFI delle banche, si conferma l’utilizzo preponderante della carta di identità come documento identificativo (80,7%), seguito dalla patente (17,7%). In particolare, l’1,9% dei documenti presentati in fase di identificazione anagrafica è una carta di identità contraffatta, oppure valida ma non riconducibile al soggetto. Per le patenti nel 4,1% dei casi si tratta di patenti inesistenti o non appartenenti al soggetto. In controtendenza rispetto al 2020, i tempi di scoperta delle frodi si stanno accorciando: il 42,4% dei casi viene scoperto entro i primi sei mesi (36,3% nel 2020), e al contempo, diminuiscono i casi scoperti dopo oltre 3 anni (-11,3%).

Credito al dettaglio, le famiglie continuano a sceglierlo

Le famiglie si affidano al credito per coronare e realizzare i loro desideri. Lo conferma il fatto che le previsioni indicano che nel triennio 2022-2024 il credito alle famiglie crescerà di circa il 3% medio annuo, sebbene esistano possibili tensioni sui tassi di default che toneranno a salire da quest’anno. Sono alcune delle evidenze che emergono dalla 52^ edizione dell’Osservatorio sul Credito al Dettaglio realizzato da Assofin, CRIF e Prometeia.

I principali indicatori 

Il report evidenzia che le erogazioni di credito al consumo registrano un deciso rimbalzo (+15.7% rispetto al 2020) e quelle di mutui immobiliari alle famiglie consumatrici una crescita a doppia cifra (+10.8%). Nonostante le incertezze generate dal contesto geopolitico e dall’inflazione in aumento, anche nei primi tre mesi del 2022 la crescita prosegue per il credito al consumo (+11.6%) e per i mutui d’acquisto abitazione (+9.5%). Tale trend è il risultato della ripresa della domanda delle famiglie e di politiche creditizie degli operatori meno restrittive, seppure più prudenti rispetto al periodo pre-Covid.

Prestiti personali o per acquistare beni e servizi

Nel dettaglio, i prestiti personali, che avevano risentito più di altri prodotti della crisi innescata dalla pandemia, evidenziano una forte crescita nei primi tre mesi del 2022 (+33%), che riporta i volumi sui valori pre-Covid. Anche per i finanziamenti finalizzati all’acquisto di altri beni/servizi (destinati a sostenere le vendite di settori merceologici quali arredo, elettronica ed elettrodomestici, energie rinnovabili, ciclomotori e altri beni e servizi finanziabili) nel corso del primo trimestre del 2022 l’evoluzione è positiva (+8.1%), sebbene in rallentamento rispetto al 2021 (+14.9%) per via principalmente della minore crescita dei finanziamenti per elettronica/elettrodomestici. All’interno dell’aggregato hanno mostrato più vivacità i prestiti destinati ad acquisto di mobili/arredamento, legati alle nuove esigenze abitative e quelli finalizzati ad acquisti di ciclomotori, grazie anche al sostegno degli ecoincentivi.

I mutui immobiliari

Le erogazioni di mutui immobiliari alle famiglie consumatrici chiudono il 2021 con una crescita a doppia cifra (+10.8%) grazie al traino dei mutui con finalità d’acquisto abitazione.
Nel primo trimestre 2022 l’evoluzione complessiva è negativa (-6.4%), per via del crollo delle surroghe (-73.1%), mentre tiene la componente acquisto (+9.5%). Tale risultato si inserisce in un quadro caratterizzato dalla prosecuzione degli incentivi governativi (agevolazioni ai giovani, bonus prima casa, superbonus 110%), nel quale le compravendite immobiliari residenziali evidenziano un’evoluzione ancora positiva (+34.1% nel 2021 e +12% nel primo trimestre 2022).

Per 6 pubblici esercizi su 10 la ripartenza sarà nel 2023

Per il 73% degli esercenti, a causa delle lunghe limitazioni imposte per arginare la pandemia da Covid-19, e la conseguente contrazione dei consumi, il calo del volume di affari è stato verticale. Per loro il ritorno ai fatturati pre-Covid non arriverà prima del 2023. Nel 2021 gli italiani hanno speso oltre 24 miliardi di euro in meno nei servizi di ristorazione rispetto al 2019 (-27,9%). Insomma, il 2021 non è stato l’anno della ripartenza per tutti: solo per il 16% dei pubblici esercizi, per i quali i fatturati però non sono mai cresciuti più del 10%. L’ufficio studi di Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi, ha illustrato lo stato di salute del comparto nel tradizionale rapporto annuale realizzato in collaborazione con Bain&Company e Tradelab.

Cessano le attività, ma non nascono nuove imprese

“La naturale conseguenza di questa dinamica, e del relativo clima di sfiducia che si è sviluppato attorno al settore, è stata la scomparsa di 194mila posti di lavoro rispetto al periodo pre-Covid”, segnala Fipe. Insomma, le restrizioni imposte per il contenimento della pandemia stanno ancora facendo sentire i loro effetti. Per il secondo anno consecutivo si conferma poi la forte frenata della nascita di nuove imprese (‘solo’ 8.942 nel 2021), a fronte di un’impennata delle cessazioni di attività (23mila). E tra il 2020 e il 2021 le imprese che hanno chiuso i battenti sono oltre 45mila, riferisce Adnkronos.

Per l’86% delle imprese fatturato 2021 ancora sotto i livelli pre-Covid

Se per l’86% delle imprese il fatturato nel 2021 è ancora al di sotto dei livelli del 2019, dopo l’emergenza Covid l’impennata dei costi di materie prime ed energia sta paralizzando il settore.
L’87% degli imprenditori ha registrato infatti un aumento della bolletta energetica fino al 50% e del 25% per i prodotti alimentari. Rimangono tuttavia contenuti gli aumenti dei prezzi ai consumatori: a febbraio 2022 lo scontrino medio è salito solo del 3,3% rispetto a un valore generale dei prezzi aumentato del 5,7%. Il 56,3% di bar e ristoranti non prevede di rivedere a breve il rialzo dei propri listini prezzi.

L’impennata dei costi incide sulle previsioni di crescita

“La fotografia scattata attraverso il nostro rapporto – sottolinea il presidente Lino Enrico Stoppani, Presidente Fipe-Confcommercio, – si arricchisce di ulteriori elementi di stringente attualità. Il deflagrare del conflitto bellico in Ucraina sta infatti avendo e continuerà ad avere un impatto fortissimo sulle nostre attività, sia per gli effetti sulla dinamica dei prezzi delle materie prime energetiche e sull’approvvigionamento di specifiche materie prime alimentari, sia per le giuste e necessarie sanzioni elevate dalla comunità internazionale a carico della Russia”. 
L’impennata dei costi di gestione incide quindi sulle previsioni di crescita, con il 62% delle imprese che ritiene verosimile un ritorno ai livelli pre-crisi solo nel 2023. Incertezza che si acuisce a causa della minore propensione degli italiani a spendere in bar e ristoranti dovuta, secondo il 43% degli imprenditori, principalmente agli effetti del carovita.

PNRR, per i manager è un’occasione unica per rilanciare il Paese

Per l’83% dei manager italiani il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è un’occasione unica per modernizzare e rilanciare il Paese dopo gli anni di crisi sanitaria. Dai dati della survey condotta da EY e Swg sul sentiment e la fiducia sull’impatto del Recovery Plan, emerge una certa fiducia nei confronti dell’azione svolta dal Governo (70%), ma per quasi il 40% l’importanza attribuita al PNRR rischia di mettere in secondo piano altre priorità per il futuro del Paese. Anche la riforma fiscale riveste un ruolo strategico: popolazione e manager sono infatti allineati nel ritenere il sistema di oggi poco efficace, equo ed efficiente. Secondo l’85% dei manager e l’83% della popolazione, la complessità del sistema fiscale italiano è un ostacolo alla competitività internazionale delle imprese, e secondo l’86% dei manager, la sua complessità ostacola l’ingresso di investimenti esteri.

Riforme

Un’ampia quota della popolazione e 1/3 dei manager intervistati affermano però di non conoscere o comprendere i vari aspetti del Piano in maniera adeguata. In relazione al raggiungimento degli scopi previsti, oltre un terzo degli intervistati (34% popolazione e 36% manager) indica che gli obiettivi a oggi conseguiti con il PNRR sono inferiori rispetto a quanto concordato in sede europea, suggerendo un certo scetticismo generale sullo stato della sua attuazione. Quanto alle riforme percepite più importanti tra quelle previste dal Piano, vi sono la realizzazione delle infrastrutture tecnologiche (50%), le riforme della PA (48%) e della giustizia amministrativa (oltre il 30%), e quelle del fisco e della giustizia civile (32%).

Sistema fiscale

Le aspettative legate a una riforma del sistema più equo ed efficiente vanno innanzitutto nella direzione di una maggiore stabilità della normativa. Sono soprattutto i manager a chiedere maggiore stabilità (85%), limitando il ricorso a decretazioni d’urgenza evitandone la retroattività (69%), ma anche coinvolgendo le parti sociali nelle discussioni (58%), e mettendo a disposizione personale più competente (54%). Solo poco più del 30% dei manager ritiene però che il processo di riforma in atto sia vicino alle esigenze delle imprese, e ancora meno (28%) reputa che favorisca la competitività delle imprese italiane.

Incentivi fiscali

Sul fronte degli incentivi fiscali implementati negli ultimi anni, si registra un riconoscimento unanime del loro impatto positivo. Circa l’80% degli intervistati tra manager e popolazione riconosce che questo sistema ha portato vantaggi alle città, alle imprese e ai consumatori. Tuttavia, è altrettanto forte l’importanza di meccanismi di controllo mirati per evitare abusi e non ostacolare i sistemi economici da premiare. Questo appare evidente soprattutto dalle valutazioni relative all’ecobonus, dove se da un lato è ampio l’accordo sui benefici che ha prodotto (oltre 70%) dall’altro è evidente la percezione che abbia creato una serie di distorsioni del mercato (83% manager), e di problemi di gestione. Anche a causa di linee guida emesse in ritardo, e a tratti poco coerenti (80%).

FederlegnoArredo, ecco le 11 figure professionali che servono per la transizione digitale 

“Dirigente nei servizi di vendita e commercializzazione, responsabile della produzione industriale, responsabile acquisti, responsabile manutenzione macchine; designer; ebanista/falegname; modellatore di macchine utensili; tappezziere; responsabile macchine per la lavorazione del legno; addetto al montaggio dei mobili; operai e maestranza. Ecco le 11 figure che, all’interno della filiera del legno-arredo, saranno maggiormente chiamate a interpretare, grazie a nuove competenze e attitudini, la transizione ecologica e digitale che le imprese dovranno mettere in atto.

Trasformazione digitale per le imprese del comparto

A dirlo è la fotografia scattata dal progetto ‘SAWYER – Impatto della duplice transizione sull’industria del legno-arredo’- cofinanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del Programma sul Dialogo Sociale, coordinato dal Cluster dell’arredo della Regione Catalogna CENFIM a cui FederlegnoArredo ha partecipato insieme ad altre federazioni europee, con l’obiettivo di avere uno strumento pratico ed efficace per accompagnare le aziende associate in una trasformazione digitale e circolare che potrà camminare soltanto sulle gambe e sulle idee di figure specificatamente formate.

“E’ tempo di passare da quella che fino ad oggi abbiamo chiamato alternanza scuola-lavoro a una vera e propria alleanza scuola-lavoro. E questo progetto – spiega Barbara Minetto, vicepresidente Assaredo con delega alla formazione – va letto in tal senso: far sì che teoria e pratica, formazione e impresa siano entrambe e parimenti interpreti del cambiamento. Per altro, la notizia secondo cui nell’ambito del PNRR è previsto anche un rafforzamento degli istituti tecnici superiori orientandoli sempre più verso il mercato del lavoro, va esattamente in questa direzione, come lascia intendere anche l’idea di affidare la loro guida a figure imprenditoriali e indire bandi per la modernizzazione digitale e tecnologica dei loro laboratori. Come filiera – prosegue Minetto – possiamo già vantare esempi virtuosi in tal senso, a partire dalla Fondazione ITS Rosario Messina di Lentate sul Seveso, all’Its del legno-arredo di Pesaro, arrivando all’Innovation Platform del Friuli Venezia Giulia, recentemente inaugurato. Ma dobbiamo fare ancor di più e assumerci la responsabilità di diventare protagonisti dell’evolversi del rapporto imprese-scuola. Ne va certamente anche del futuro delle nostre aziende”.

Professionalità che devono evolversi

“Nel progetto si esplicita in maniera dettagliata come 11 professionalità del nostro settore siano chiamate a evolversi – commenta Angelo Luigi Marchetti, presidente Assolegno e delegato alla Formazione in FederlegnoArredo – ed è evidente quanto le competenze ambientali e digitali saranno alla base della forza lavoro di un domani che già batte alle porte. Come Federazione – ribadisce Marchetti stiamo cercando di anticipare i nuovi bisogni delle imprese, così da stimolare anche la filiera formativa a sviluppare percorsi adeguati alle sfide in atto e progetti come questo, servono proprio a focalizzare obiettivi e strumenti necessari per il loro raggiungimento. Se dobbiamo costruire edifici sostenibili con il legno strutturale, anche operai e maestranze dovranno aver sviluppato le conoscenze per lavorare un materiale finora poco utilizzato in edilizia. È solo uno dei tanti esempi che potremmo fare, ma non adeguarci significherebbe impedire ai nostri giovani e alle nostre aziende di essere competitivi in Europa e non solo”.

Istat, a febbraio cala l’indice di fiducia di consumatori e imprese

Come tutti i mesi, l’Istat monitora il clima di fiducia da parte dei consumatori e delle aziende, per capire quale sia il sentiment della nazione. E per quanto riguarda febbraio la situazione è tra luci e ombre, con un aumento del pessimismo da parte di entrambe le componenti. A febbraio 2022, infatti, l’Istituto di Statistica stima una diminuzione dell’indice del clima di fiducia dei consumatori da 114,2 a 112,4, mentre l’indice composito del clima di fiducia delle imprese sale da 105,3 a 108,2. Tutte le componenti dell’indice di fiducia dei consumatori sono in calo ad eccezione del clima futuro. Più in dettaglio, il clima economico scende da 129,7 a 129,4, il clima personale e quello corrente registrano una flessione più accentuata passando, rispettivamente, da 109,0 a 106,8 e da 114,7 a 109,6. Infine, il clima futuro aumenta (da 113,5 a 116,6).

Il sentiment delle aziende italiane

Con riferimento alle imprese, segnali eterogenei provengono dai quattro comparti indagati. In particolare, l’indice di fiducia diminuisce nel comparto manifatturiero (da 113,7 a 113,4) e in quello del commercio al dettaglio (da 106,6 a 104,9) mentre aumenta nelle costruzioni (da 158,8 a 159,7) e, in misura marcata, nei servizi di mercato (da 94,9 a 100,5).

Le componenti degli indici

Quanto alle componenti degli indici di fiducia, nella manifattura peggiorano sia i giudizi sugli ordini sia le attese sulla produzione in presenza di un decumulo delle scorte; nel commercio al dettaglio i giudizi sulle vendite si deteriorano, le scorte sono giudicate in accumulo mentre le attese sulle vendite sono in aumento. Per quanto attiene il comparto delle costruzioni e quello dei servizi, tutte le componenti sono in miglioramento. In relazione all’andamento della fiducia nei macrosettori produttivi esaminati per ciascun comparto, nel manifatturiero si segnala una diminuzione nei beni strumentali a fronte di un aumento dell’indice nei beni intermedi e una stabilità nei beni di consumo. Per le costruzioni si evidenzia un incremento nel settore della costruzione di edifici e, in particolare, in quello dei lavori di costruzione specializzati. Con riferimento ai servizi, l’indice di fiducia aumenta in tutti i macrosettori con una risalita più decisa nel trasporto e magazzinaggio e nell’informazione e comunicazione. Relativamente ai circuiti distributivi del commercio al dettaglio, l’indice di fiducia registra una caduta nella distribuzione tradizionale e un aumento nella grande distribuzione.

Bonus mobilità sostenibile, si può ottenere anche nel 2022: ecco come fare  

Nelle vie delle nostre città è sempre più frequente veder circolare monopattini elettrici ed ebike: mezzi di trasporto comodi, che non risentono del traffico dei normali veicoli e allo stesso tempo rispettano il Pianeta perchè non hanno emissioni. Al di là dell’aspetto ecologico, il successo di questa forma di mobilità è dovuta anche al bonus mobilità sostenibile, l’incentivo fiscale introdotto dal Governo nel 2020  che ha permesso di “tagliare” la spesa per chi ha acquistato un veicolo di questa tipologia. La buona notizia è che questo vantaggio torna anche nel 2022, con alcune novità. Ci sono infatti nuove regole per chi ha sostenuto spese per l’acquisto di mezzi e servizi di mobilità a zero emissioni e ha rottamato un vecchio veicolo di categoria M1. Le ultime regole in merito alla richiesta dell’incentivo sono contenute nel provvedimento recentemente firmato dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate che definisce i criteri e le modalità di fruizione dell’agevolazione prevista dal Decreto Rilancio (art. 44 comma 1-septies del DL n. 34/2020) e approva il modello di comunicazione che i contribuenti dovranno trasmettere alle Entrate a partire dal 13 aprile e fino al 13 maggio 2022. Il credito, utilizzabile esclusivamente nella dichiarazione dei redditi, è fruibile non oltre il periodo d’imposta 2022.

A chi è rivolto il bonus e cosa prevede

Il bonus, specifica, una nota di Adnkronos, è un credito d’imposta, nella misura massima di 750 euro, riconosciuto alle persone fisiche che, dal 1° agosto 2020 al 31 dicembre 2020, hanno sostenuto spese per l’acquisto di biciclette, monopattini elettrici, ebike, abbonamenti al trasporto pubblico, servizi di mobilità elettrica in condivisione (sharing) o sostenibile. Per accedere all’agevolazione, nel limite complessivo di spesa di 5 milioni di euro, è necessario aver consegnato per la rottamazione, nello stesso periodo, contestualmente all’acquisto di un veicolo, anche usato, con emissioni di CO2 comprese tra 0 e 110 g/km, un secondo veicolo di categoria M1 rientrante tra quelli previsti dalla normativa in materia (art. 1, comma 1032 della legge n. 145/2018).

Come si può ottenere il bonus?  

Per fruire del bonus mobilità occorrerà comunicare alle Entrate, dal 13 aprile al 13 maggio 2022, l’ammontare delle spese sostenute e il credito d’imposta richiesto inviando il modello approvato con il Provvedimento di oggi utilizzando il servizio web disponibile nell’area riservata del sito o i canali telematici dell’Agenzia. Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente nella dichiarazione dei redditi in diminuzione delle imposte dovute e può essere fruito non oltre il periodo d’imposta 2022. Entro 10 giorni dalla scadenza del termine di presentazione dell’istanza sarà resa nota la percentuale di credito d’imposta spettante a ciascun soggetto richiedente, sulla base delle richieste ricevute e tenuto conto del limite di spesa di 5 milioni.

Italiani e assicurazioni: i timori spingono le polizze

A novembre 2021 un’indagine di Facile.it mostrava che a stipulare una polizza per la prima volta sono stati 3,6 milioni di italiani, il 6% della popolazione, arrivando così a un totale di 16 milioni di assicurati.
Dei 3,6 milioni di nuovi assicurati, il 34% lo ha fatto perché si sentiva meno sicuro a causa della pandemia, che però non accenna a rallentare.
La variante Omicron spaventa infatti ancora gli italiani, che corrono ai ripari dotandosi di polizze assicurative legate alla vita o allo stato di salute.
cedente.

Aumentano le richieste di informazioni sui prodotti ‘vita’ e ‘salute’

Le persone, impaurite dal prolungarsi della pandemia, hanno richiesto maggiori informazioni sui prodotti assicurativi o si sono interessate di più rispetto alla prima parte dell’anno. Dall’Osservatorio di Facile.it emerge infatti che nel secondo semestre 2021 si riscontra un incremento delle visualizzazioni online e delle richieste di contatto per le polizze vita, pari al 9% rispetto al primo semestre.
“Dallo scoppio della pandemia in avanti abbiamo notato un crescente e costante aumento di interesse da parte degli utenti verso le assicurazioni salute, e nel complesso, per tutti i prodotti a copertura della persona, della sua salute e di quella del suo nucleo familiare”, spiega Irene Giani, responsabile assicurazioni non motor di Facile.it.

Crescita molto consistente per le coperture di puro rischio

Un trend, quello emerso dall’indagine del comparatore online, che trova conferma anche da Allianz. Dal gruppo spiegano infatti di aver rilevato per il 2021 un trend stabile, o in leggera crescita, nelle polizze puro rischio (Tcm), e una crescita nel segmento polizze salute individuali superiore ad altri rami assicurativi.

In CreditRas, joint venture Allianz-UniCredit nella bancassurance, è stata riscontrata una crescita molto consistente per le polizze di puro rischio.
Andamento che consolida quanto contenuto nel bollettino semestrale relativo all’offerta dei prodotti assicurativi dell’Ivass, fermo al 30 giugno 2021, ma dalle indicazioni chiare: al 1 semestre dello scorso anno risultavano censiti 140 nuovi prodotti individuali relativi al settore vita, rispetto ai 106 rilevati nei sei mesi precedenti.

L’offerta deve stare al passo con la domanda

Un incremento che mostra un’offerta che deve stare al passo con la domanda, riporta Adnkronos, cioè con quanto richiesto dai clienti delle compagnie assicurative in tema di salute. Sempre nei primi sei mesi del 2021 la raccolta nel settore vita è stata pari a 58,3 miliardi di euro, in aumento del +18,6% rispetto al 2020, si legge in un altro bollettino dell’autorità sui premi. Il recupero è concentrato sul ramo III relativo alle polizze unit e index linked, la cui raccolta aumenta di +8,5 miliardi (+61,2%), e sul ramo I, cui sono collegate le polizze vita ‘pure’, in crescita su base annua di +2,5 miliardi (+8,0%).

Lombardia, nel terzo trimestre 2021 l’export ha messo il turbo

La Lombardia si conferma ancora una volta il motore dell’export nazionale. A decretarlo sono gli ultimi dati contenuti nel rapporto di Unioncamere Lombardia sul commercio estero nel terzo trimestre 2021, che evidenzia come la Regione sia tornata non solo ai valori pre-pandemia, ma li abbia anche superati, tanto che il valore delle esportazioni lombarde segna un +8,6% sul terzo trimestre 2019. Il valore delle esportazioni originate dalla Lombardia rimane oltre i 33 miliardi di Euro e le importazioni si attestano oltre i 36 miliardi complessivi, anche a causa dell’aumento dei prezzi, per cui il deficit commerciale sale a 3,1 miliardi di euro.

“L’effetto prezzi”

Il cosiddetto “effetto prezzi” si fa sentire sull’andamento delle quantità scambiate in termini di incremento dei dati in valore. Infatti l’export registra per le quantità una flessione congiunturale del 12,8% e l’import del 4,5%, entrambe superiori alle corrispondenti flessioni congiunturali dei dati in valore. “L’export lombardo mantiene gli elevati livelli pre-crisi raggiunti dopo il recupero competitivo post pandemia commenta il Presidente di Unioncamere Lombardia Gian Domenico Auricchio – Questo assestamento era atteso, considerato il periodo estivo e le difficoltà di approvvigionamento, confermando il quadro congiunturale complessivo di solidità dell’economia regionale”.
“Gli sforzi delle imprese lombarde – ha spiegato l’assessore allo Sviluppo Economico di Regione Lombardia, Guido Guidesi – ci consentono di certificare una ripresa che oramai è strutturale messa però a rischio dai costi energetici e dall’approvvigionamento delle materie prime; non bastiamo noi da soli a richiamare l’urgenza di questi temi. Il posticipo ulteriore di una discussione in Europa è un segnale che ci preoccupa. Il sistema lombardo continuerà ad impegnarsi a sostegno delle nostre imprese e del lavoro, chiediamo anche agli enti sovraregionali di attenzionare le priorità: costi dell’energia e approvvigionamento delle materie prime significano oggi occupazione per il futuro”.

I settori protagonisti dell’export

Il comparto legato ai metalli e alle loro produzioni si conferma forte motore della ripresa (+34,6% su base tendenziale) con effetti positivi sulla performance della maggior parte delle provincie. Altri contributi significativi derivano dall’export dei mezzi di trasporto (+29,7%) grazie alla ripresa dell’export di aeromobili e delle sostanze e prodotti chimici (+23,0%). Finalmente recuperano i livelli pre-crisi anche i prodotti tessili, pelli e accessori (+17,0% tendenziale e un dato superiore del +4,3% rispetto al 3° trimestre 2019). Buono l’andamento di computer e apparecchi elettronici (+12,9%) mentre restano in negativo gli articoli farmaceutici (-2,5% tendenziale) che non hanno ancora recuperato i livelli 2019 (-9,5%).

Milano, Monza Brianza e Lodi: positiva la congiuntura dell’industria nel terzo trimestre 2021

L’industria dell’area lombarda di Milano, Monza Brianza e Lodi può finalmente vedere “rosa”: grazie alle ottime performance del settore, sono stati non solo recuperati ma addirittura superati i livelli del pre lockdown. A decretarlo sono le ultime elaborazioni del Servizio Studi della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi. In generale, dai emerge che crescono produzione, fatturato e ordini: la rilevazioni sono state fatte confrontando i dati del terzo trimestre del 2021 con l’analogo periodo del 2019, così da evitare i possibili effetti distorsivi imputabili alle chiusure. A livello congiunturale – rispetto al secondo trimestre 2021 – crescono l’area metropolitana milanese e brianzola, mentre si registra un calo per la provincia di Lodi. Permangono tra i segnali negativi le difficoltà di approvvigionamento sui mercati che riflettono – attraverso l’incremento dei prezzi – il disallineamento tra crescita della domanda e rigidità dell’offerta.

Bene Milano 

Per quanto riguarda la metropoli, nel terzo trimestre 2021 si registra un aumento congiunturale rispetto al secondo trimestre 2021 della produzione industriale e del fatturato milanese (+1,3% e +1% destagionalizzato), inferiori al dato lombardo (rispettivamente +2,5% e +1,9% destagionalizzato). Per gli ordini, la progressione congiunturale è invece molto più marcata per l’industria milanese rispetto alla manifattura regionale sia per il mercato interno (rispettivamente +5,3% e +3% destagionalizzato) che estero (+4,7% e+1,3% destagionalizzato). Passando all’analisi tendenziale, il terzo trimestre 2021 ha consentito all’area metropolitana milanese – con riferimento alla produzione – di superare il livello pre-pandemia del terzo trimestre 2019 (+6,6% in due anni). Se si considera la crescita netta del fatturato, sempre raffrontata al terzo trimestre 2019, l’aumento è del +10,5%. In relazione al portafoglio ordini, si registra un livello superiore a quello relativo al terzo trimestre 2019 (+16,6% in due anni), con performance migliore della manifattura lombarda (+13,3%). I mercati interni hanno ripreso la crescita in modo molto più incisivo (+17,9%) rispetto alla componente estera (+14,2%).

Monza e Brianza, prosegue la crescita congiunturale

Nel territorio di Monza e Brianza il terzo trimestre 2021 vede un un aumento consistente rispetto al secondo trimestre 2021 sia della produzione industriale (+1,8% destagionalizzato) sia del fatturato (+3% destagionalizzato) che delle commesse acquisite dai mercati interni (+2,4% destagionalizzato). La crescita tendenziale della capacità produttiva colloca i volumi prodotti a un livello superiore rispetto al terzo trimestre 2019 prepandemia (+5,6%) in linea con il dato lombardo (+6,2%). Nello stesso periodo, i dati della manifattura brianzola per fatturato (+11,2%) si allineano al dato lombardo (+12,3%). Sempre rispetto al terzo trimestre 2019, il portafoglio ordini del manifatturiero brianzolo evidenzia un incremento reale in linea con quanto registrato in Lombardia (rispettivamente +12,8% e +13,3%).