Mese: Dicembre 2021

Lombardia, nel terzo trimestre 2021 l’export ha messo il turbo

La Lombardia si conferma ancora una volta il motore dell’export nazionale. A decretarlo sono gli ultimi dati contenuti nel rapporto di Unioncamere Lombardia sul commercio estero nel terzo trimestre 2021, che evidenzia come la Regione sia tornata non solo ai valori pre-pandemia, ma li abbia anche superati, tanto che il valore delle esportazioni lombarde segna un +8,6% sul terzo trimestre 2019. Il valore delle esportazioni originate dalla Lombardia rimane oltre i 33 miliardi di Euro e le importazioni si attestano oltre i 36 miliardi complessivi, anche a causa dell’aumento dei prezzi, per cui il deficit commerciale sale a 3,1 miliardi di euro.

“L’effetto prezzi”

Il cosiddetto “effetto prezzi” si fa sentire sull’andamento delle quantità scambiate in termini di incremento dei dati in valore. Infatti l’export registra per le quantità una flessione congiunturale del 12,8% e l’import del 4,5%, entrambe superiori alle corrispondenti flessioni congiunturali dei dati in valore. “L’export lombardo mantiene gli elevati livelli pre-crisi raggiunti dopo il recupero competitivo post pandemia commenta il Presidente di Unioncamere Lombardia Gian Domenico Auricchio – Questo assestamento era atteso, considerato il periodo estivo e le difficoltà di approvvigionamento, confermando il quadro congiunturale complessivo di solidità dell’economia regionale”.
“Gli sforzi delle imprese lombarde – ha spiegato l’assessore allo Sviluppo Economico di Regione Lombardia, Guido Guidesi – ci consentono di certificare una ripresa che oramai è strutturale messa però a rischio dai costi energetici e dall’approvvigionamento delle materie prime; non bastiamo noi da soli a richiamare l’urgenza di questi temi. Il posticipo ulteriore di una discussione in Europa è un segnale che ci preoccupa. Il sistema lombardo continuerà ad impegnarsi a sostegno delle nostre imprese e del lavoro, chiediamo anche agli enti sovraregionali di attenzionare le priorità: costi dell’energia e approvvigionamento delle materie prime significano oggi occupazione per il futuro”.

I settori protagonisti dell’export

Il comparto legato ai metalli e alle loro produzioni si conferma forte motore della ripresa (+34,6% su base tendenziale) con effetti positivi sulla performance della maggior parte delle provincie. Altri contributi significativi derivano dall’export dei mezzi di trasporto (+29,7%) grazie alla ripresa dell’export di aeromobili e delle sostanze e prodotti chimici (+23,0%). Finalmente recuperano i livelli pre-crisi anche i prodotti tessili, pelli e accessori (+17,0% tendenziale e un dato superiore del +4,3% rispetto al 3° trimestre 2019). Buono l’andamento di computer e apparecchi elettronici (+12,9%) mentre restano in negativo gli articoli farmaceutici (-2,5% tendenziale) che non hanno ancora recuperato i livelli 2019 (-9,5%).

La situazione sociale e lavorativa in Italia nel 2021

Alti tassi di disoccupazione, soprattutto dei giovani, e ampie sacche di inattività, soprattutto femminile, sono le caratteristiche di un mercato del lavoro sempre più sclerotizzato. L’emergenza sanitaria ha avviato però un nuovo ciclo dell’occupazione. Il 36,4% degli italiani ritiene che la crisi da Covid-19 si sia tradotta in una maggiore precarietà, mentre per il 30,2% degli italiani l’esperienza del lavoro da casa ha dato la possibilità di conciliare le esigenze personali con quelle professionali. Cresce poi anche l’aspettativa nel futuro, soprattutto per il 27,8% della popolazione, che considera le risorse europee e il Pnrr elementi in grado di garantire occupazione e sicurezza economica per lavoratori e famiglie.
Si tratta di alcune evidenze del capitolo ‘Lavoro, professionalità, rappresentanze’ del 55° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese nel 2021.

Retribuzioni disincentivanti e condizioni inadeguate per avviare un’attività

Per il 30,2% degli italiani al primo posto tra i fattori che frenano l’inserimento professionale ci sono le retribuzioni disincentivanti offerte in cambio della prestazione lavorativa. Anche nei confronti di chi dispone di competenze e capacità adeguate. Al secondo posto (29,9%), la persistenza di condizioni inadeguate per avviare un’attività in proprio, dal peso degli adempimenti burocratici al carico fiscale che grava sull’attività d’impresa.

Lavoro dipendente e libere professioni

Quanto alle retribuzioni degli oltre 15 milioni di lavoratori pubblici presenti negli archivi Inps, il dato medio complessivo riferito alla giornata retribuita si attesta a 93 euro. Una donna percepisce una retribuzione inferiore di 28 euro rispetto a un uomo, e la sua retribuzione è inferiore del 18% rispetto alla media. In base all’età emerge invece una differenza di 45 euro tra un under 30 e un over 54, ed è ampia anche la distanza tra la paga giornaliera di chi ha un contratto a tempo indeterminato (97 euro) rispetto al tempo determinato (65 euro), e fra full time e part time: la prima vale più di due volte la seconda. Resta invece intatto l’appeal delle libere professioni, definite dal 40,0% degli italiani attività prestigiose, che fanno valere le competenze acquisite e l’impegno dedicato allo studio. Per il 34,1% poi si tratta di un lavoro utile, importante per la collettività.

Obiettivi di crescita del Pnrr vs basso impegno nella formazione

Il basso impegno nella formazione continua e il ritardo nell’adozione di efficaci politiche attive del lavoro rischiano di rappresentare una strozzatura per il perseguimento degli obiettivi di crescita previsti dal Pnrr. Le imprese italiane di minore dimensione accedono poco ai fondi per la formazione finanziata (6,2%), contro il 64,1% delle aziende che contano più di 1.000 dipendenti. Per realizzare gli obiettivi del Pnrr è necessario disporre di un sistema coerente di politiche attive del lavoro, in grado di gestire il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro. Oggi però i centri pubblici per l’impiego riescono a entrare in contatto soltanto con il 18,7% delle persone in cerca di occupazione, mentre a livello europeo la percentuale sale al 42,5%.