Mese: Ottobre 2020

Donne e lavoro, nella PA sono il 35%: ancora troppo poche

Il divario tra donne e uomini nel mondo del lavoro in Italia è ancora rilevante, sia in termini di occupazione sia di retribuzione. Anche nel pubblico impiego, dove le lavoratrici sono ai minimi in Europa: rappresentano circa il 35% dei dipendenti nella PA e difesa, previdenza sociale e obbligatoria. Le risorse rivolte direttamente a contrastare il gender gap ammontano a 2,17 miliardi di euro, pari allo 0,3% del totale delle spese del bilancio dello Stato. È quanto stima il bilancio sperimentale di genere del ministero dell’Economia, inviato dal ministro Roberto Gualtieri ai presidenti di Camera e Senato.

Il divario rispetto agli uomini è del 17,9% 

Complessivamente, l’occupazione femminile ha superato la soglia del 50% per la prima volta nel 2019, ma è ancora distante dai livelli di altri Paesi europei. La media nell’UE-28 è infatti al 64,1%. In Italia invece il divario rispetto agli uomini è del 17,9%, e anche in questo caso l’Europa è lontana, con una media del 10,4% riporta Ansa. Anche in settori nei quali le donne sono la maggioranza, come l’istruzione e la sanità, dove superano i tre quarti degli occupati, le lavoratrici faticano a fare carriera. Medici e professori universitari sono prevalentemente uomini: le dottoresse non superano il 42% e le docenti il 38%.

Nel Mezzogiorno il tasso di occupazione femminile è poco più della metà rispetto al Nord 

 “Continuano ad aumentare le donne che lavorano, ma molta strada rimane da fare”, scrive il Mef, aggiungendo che “sono soprattutto le donne tra i 45 e i 54 anni a contribuire alla maggiore occupazione femminile”, mentre “rimangono indietro le più giovani e le residenti al Sud e nelle Isole”.

Tanto che nel Mezzogiorno il tasso di occupazione è poco più della metà di quello del Nord, il 32,3%. E le altre grandi assenti del mercato del lavoro sono le giovani. Nel 2019 lavorava poco più di una ragazza su tre con meno di 35 anni, e la situazione è più difficile per le giovani mamme con figli piccoli. Le madri occupate tra i 25 e i 34 anni sono infatti solo il 60% rispetto alle donne occupate senza figli della stessa età.

“Serve una nuova e organica visione dei rapporti economici e sociali”

Per colmare il divario il Mef ha individuato “un’area rilevante del bilancio”, su cui è possibile lavorare per ridurre le disuguaglianze di genere “senza necessariamente generare nuovi oneri”. Queste spese ammontano al 16,5% del totale (al netto delle spese per il personale), pari a 118 miliardi e 700 milioni di euro.

“Per ridurre i divari di genere – afferma la sottosegretaria all’Economia, Maria Cecilia Guerra – non sono sufficienti sussidi, agevolazioni fiscali o interventi occasionali, ma serve una nuova e organica visione dei rapporti economici e sociali”, a partire dall’organizzazione del lavoro, dalla condivisione del lavoro di cura e dai servizi pubblici. Un tema, sottolinea Guerra, “è al centro delle priorità collettive che la crisi attuale ci ha chiesto di ridefinire”.

Mobilità post pandemia, si va più in bici e a piedi, meno in auto

La pandemia ha cambiato molte abitudini, e in fatto di mobilità urbana ha portato a una svolta in grado, forse, di contribuire realmente alla riduzione delle emissioni nocive. L’arrivo della pandemia ha influenzato fortemente il mondo degli spostamenti e della mobilità, sottolineando quanto l’inquinamento creato dai mezzi di trasporto sia un problema che non si può più ignorare, e generando comportamenti che si spera diventino regole di vita condivise da tutti gli italiani. A quanto risulta dall’inchiesta “Senti che aria”, promossa da Altroconsumo e finanziato da Regione Lombardia, con il contributo scientifico dell’Università Bocconi a oggi sono già in molti a scegliere di spostarsi più a piedi e in bici piuttosto che in auto, in moto e  scooter, o sui mezzi pubblici.

Quale mezzo di trasporto usare dopo il Covid?

La ricerca, che si concentra sulla città di Milano e la sua provincia, ha indagato l’esposizione dei pendolari alle diverse sostanze inquinanti del traffico, e l’impatto dell’inquinamento sulle abitudini di mobilità. E rivela l’emergere un nuovo approccio degli italiani nei confronti di inquinamento, mobilità sostenibile e abitudini di spostamento. A seguito dell’emergenza Covid-19 si registra infatti un cambiamento importante nella propensione degli italiani all’utilizzo dei mezzi di trasporto. Il 27% crede che utilizzerà di meno l’auto, il 25% userà meno moto, scooter e motorini, mentre il 34% dichiara che prenderà meno bus, tram e metro. Inoltre, il 37% si muoverà molto di più in bici, e il 47% prediligerà gli spostamenti a piedi.

Combinare più mezzi di trasporto può essere la soluzione

Scegliere di combinare più mezzi di trasporto può essere la soluzione per ridurre l’esposizione alle sostanze nocive, ma anche per ottenere un guadagno in termini di tempo. Infatti, secondo i risultati dell’indagine, il pendolare che affianca l’utilizzo di mezzi pubblici alla bicicletta riesce ad accorciare maggiormente i tempi di percorrenza rispetto a chi usa altre combinazioni di mobilità, riporta Adnkronos.

Diminuire la presenza di sostanze pericolose nell’aria

Dall’indagine emerge come i pendolari siano fortemente esposti a sostanze inquinanti nocive per loro e per l’ambiente. Nello specifico, chi si sposta in bici è particolarmente esposto al particolato e al NO2, ma meno al BC (Black Carbon), mentre gli automobilisti inalano più Benzene e NO2. Per quanto riguarda gli inquinanti veicolari, a Milano il 32% di chi ha risposto all’indagine usa l’auto 6-7 giorni su 7, mentre nell’Hinterland la stessa proporzione sale a più di 1 soggetto su 2, nonostante i tragitti casa lavoro siano inferiori ai 10 km nel 44% dei casi. Secondo l’analisi, poi, prima della pandemia ben il 71% dei rispondenti percepiva “spesso” la cattiva qualità dell’aria causata dal traffico in città, mentre in provincia era il 40%.