Mese: Luglio 2019

Più di 5 milioni di italiani si spostano in sharing

Non si ferma l’ascesa della sharing mobility, una modalità di spostamento che convince ormai più di 5 milioni di italiani. Tra car sharing, scooter sharing, carpooling, bike sharing, nel 2018 nel nostro Paese i servizi attivi sono stati 363, 14 in più dell’anno precedente, e gli iscritti a essi 5,2 milioni, un milione in più del 2017. Quanto agli spostamenti, nel 2018 se ne sono registrati 33 milioni, in media 60 al minuto, il doppio del 2015. A fare il punto sulle condizioni del settore è il terzo rapporto nazionale sulla sharing mobility presentato in occasione della Conferenza nazionale sulla sharing mobility. 

I numeri della condivisione

Secondo il rapporto la popolarità di una mobilità che sta rivoluzionando il modo di spostarsi in città trova una conferma nei numeri assoluti, che parlano di 7961 auto in car sharing (2126 elettriche) di cui 6787 free floating (l’auto che si preleva e si lascia ovunque), e 1174 station based (si preleva e lascia in appositi spazi). A queste si aggiungono 2240 scooter in sharing, di cui il 90% elettrici, circa 36.000 bici offerte in bike sharing, e 271 comuni in cui è attivo almeno un servizio di sharing mobility (57% al nord). Con Milano e Torino le città maggiormente fornite, e la prima confermata come prima città della sharing mobility.

Sempre più sostenibile

A questi dati confortanti si accompagna poi una tendenza sempre più green della mobilità in condivisione. Aumentano infatti i veicoli elettrici, soprattutto grazie al boom dello scooter sharing, che segna +285% dei noleggi in un anno. Nel 2018 infatti la quota di auto e scooter elettrici condivisi rispetto al totale è passata dal 27% al 43%. Una piccola contrazione, riporta Adnkronos, si registra invece nel bike sharing, con la chiusura di alcuni servizi e una riduzione del 9% delle bici “su strada”.

Il 54% degli italiani aumenterà l’utilizzo nei prossimi 3 anni E nonostante l’auto privata rimanga tuttora il mezzo di trasporto più utilizzato (57%), più della metà degli intervistati da una ricerca Deloitte (54%), dichiara che aumenterà l’utilizzo dei nuovi servizi di mobilità nei prossimi 3 anni, e il 69% in logica complementare e non sostitutiva all’auto di proprietà. Questo, purché vi sia un’evoluzione dell’offerta lungo quattro direttrici. Prima fra tutte la convenienza economica, richiesta da 9 italiani su 10, seguita dalla facilità di accesso al servizio (7 su 10), e dalla chiarezza dell’offerta: 7 italiani su 10 reputano i servizi ancora poco chiari, anche in riferimento a quelli più conosciuti, e 1 su 2 non sa che si tratta di una formula pay-per-use. Ultimo requisito, la riconoscibilità dell’operatore che fornisce il servizio: 6 intervistati su 10 non conoscono offerte di mobilità di importanti operatori non tradizionali.

Il mondo è generoso: 1 persona su 4 fa volontariato

Nel 2018 più di una persona su 4 nel mondo ha dedicato tempo a una organizzazione senza scopo di lucro senza ricevere in cambio alcun compenso: la notizia, che fa ben sperare per il futuro dell’umanità, è il frutto di un report amplissimo condotto da BVA DOXA, in collaborazione con WIN, network internazionale di società di ricerca di mercato e di opinione pubblica. Il sondaggio, effettuato su scala mondiale, ha coinvolto 31.890 persone in 41 Paesi diversi.

Giovani e senior, istruiti e senza distinzioni di sesso: ecco l’identikit dei volontari

L’analisi riporta molteplici dati interessanti che fotografano le attitudini della popolazione mondiale. Ad esempio, si scopre che il 28,5% di tutte le persone intervistate nel 2018 ha dedicato tempo a una organizzazione senza scopo di lucro senza ricevere in cambio alcun compenso. Ancora, non ci sono differenze di genere: maschi e femmine fanno volontariato in egual misura. E’ invece una discriminante l’età: la percentuale più alta di persone impegnate in attività di volontariato è nella fascia d’età 18-24 anni (33%) e tra gli over 65 (29%), così come si legge che coloro che hanno raggiunto un livello di istruzione superiore sono più impegnati in attività di volontariato (42%) rispetto a quelli che hanno un grado di istruzione inferiore (18%). I Paesi più sensibili in questo ambito, cioè quelli con il più alto tasso di volontariato, sono il Paraguay (57%) e la Cina (57%), mentre quelli con il tasso più basso sono la Corea del Sud (6%) e l’Italia (7%). Livelli molto elevati di volontariato sono registrati anche in Australia (46%), Sudafrica (44%), India (43%) e Stati Uniti (42%). Livelli bassi invece si hanno in Indonesia (10%), Giappone (14%) e Pakistan (16%).

Il caso Italia

Per quanto riguarda il nostro Paese, non è esatto affermare che quel 7% di persone attive in organizzazioni benefiche sia una percentuale bassa tout court. I ricercatori sottolineano che esiste una peculiarità relativa proprio al dato italiano: probabilmente gli intervistati italiani hanno risposto in modo più scrupoloso attenendosi esclusivamente alle attività di volontariato svolte in modo regolare/sistematico (e non solo occasionale) e soprattutto limitandosi a quanto fatto per conto di organizzazioni no-profit, escludendo dunque tutto ciò che fanno su iniziativa individuale o per conto di altri tipi di realtà (ad esempio parrocchie, scuole, associazioni, società sportive, comunità, gruppi di cittadini, e così via).

Un ruolo sempre più importante

“Il ruolo dei volontari è sempre più cruciale. È importante che i nostri media, i nostri governi e le nostre istituzioni continuino a premiare e a incoraggiare il volontariato. Oltre ad aiutare gli altri, il volontariato ha dimostrato di migliorare anche il benessere dei volontari stessi. È naturale che ognuno si senta appagato dopo avere aiutato qualcuno. La nostra indagine globale con dati provenienti da 31.890 persone in 41 Paesi, ha anche rilevato che ci sono differenze molto ampie a livello nazionale rispetto al tema del volontariato” ha commentato Vilma Scarpino, amministratore delegato di BVA Doxa e presidente di WIN.